mercoledì 20 gennaio 2021

I tre stili relazionali: come conoscerli per migliorare le tue relazioni quotidiane

 Ogni giorno (anche in periodo di Covid-19) vivi una serie di relazioni significative:


- A lavoro

- Con il tuo o la tua partner

- Con i tuoi parenti più stretti

- Con gli amici









Tutte queste relazioni, quindi questo rapportarsi più o meno obbligato ad altri individui porta con sé  una serie di conseguenze, alcune positive, alcune meno positive.

In sostanza, avrai notato che soprattutto nelle condizioni di obbligo, come nella sfera lavorativa o parentale, può accadere di avere frequenti conflitti che ti portano a vivere con disagio la presenza di alcune persone rispetto ad altre.

 Nel tempo impari quindi a dividere nella tua testa le persone secondo il loro modo di comunicare e relazionarsi nei tuoi confronti, in questo articolo voglio quindi aiutarti nel definire meglio quelli che sono i tre stili relazionali principali attuati da ciascuno di noi in base ai contesti e alle situazioni di vita.

Non andiamo a definire delle categorie di persone ma delle modalità di comportamento e di comunicazione.



Lo stile aggressivo  




Nello stile aggressivo si tende ad imporre i propri bisogni senza considerare quelli altrui, quando si è aggressivi vengono sollecitate nell'altra persona due emozioni principali


- Rabbia

- Paura

Nel primo caso si rischia che il conflitto possa sfociare a lungo andare in comportamenti reattivi anche violenti, nello specifico chi viene aggredito verbalmente potrebbe attaccare l'altro per difendersi.

Nella modalità aggressiva si tende a:

-Urlare

- Giudicare 

- Escludere 

- Si utilizza una comunicazione non verbale in cui le posture e la gestione dello spazio cercano di intimorire l'altro.


 A livello neurobiologico è il cosiddetto "cervello rettile" a guidare le reazioni di attacco- fuga ma anche di "congelamento", all'interno del tronco encefalico infatti ci sono dei neuroni specifici la cui azione regola gli stati di attivazione (arousal) e vigilanza.

Il tronco encefalico ha un ruolo importantissimo nel regolare il funzionamento di alcuni processi fisiologici:

- Respirazione

- Frequenza cardiaca

- Temperatura corporea




Lo stile passivo



In questa modalità la tendenza è quella di non riuscire a soddisfare le proprie esigenze ed i propri bisogni, chi attua un atteggiamento passivo lascia troppo spazio agli altri ed in particolare a chi agisce con aggressività.

Le caratteristiche dello stile passivo sono:

- Un linguaggio del corpo dato da una postura poco energica e vitale frutto di un atteggiamento di arrendevolezza

- Lo sguardo è assente e di raro incrocia quello dell'altra persona

- La voce viene sempre tenuta su toni bassi e si parla a fatica solo se interpellati.

La modalità passiva si attiva come detto in precedenza soprattutto di fronte a comportamenti aggressivi e/o situazioni che non si ritiene di poter cambiare.



Lo stile assertivo





In questo stile vige l'equilibrio: la persona che si pone in maniera assertiva ottiene il soddisfacimento dei propri bisogni e dei bisogni altrui.

Nell'assertività non si cerca di imporsi né si vuole subire l'aggressività altrui:

- Il tono di voce è moderato, non si vuole infastidire urlando.

- La postura è energica e vitale, tuttavia viene rispettato lo spazio fisico di ciascuno.

- Le argomentazioni sono sempre frutto della ricerca di un dialogo e di un accordo rispetto a dei problemi specifici

- Utilizza una comunicazione che non giudica ma che valorizza gli aspetti positivi e concreti di una persona e di una situazione.

Nell'assertività si arriva a tenere a bada impulsi ed emozioni venendo incontro alle esigenze di tutte le persone coinvolte in un eventuale conflitto.


La prossima volta che avrai un conflitto o dovrai incontrare una persona che ti mette a disagio prova ad osservare la presenza o meno di queste caratteristiche in te stesso e nell'altro.



Bibliografia

Marmocchi P.; Dall'Aglio C.; Zannini M.;  Educare le life skills. Come promuovere le abilità psico-sociali ed affettive secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Ed. Erickson, 2004.

Siegel D.J., Mappe per la mente; Guida alla Neurobiologia interpersonale; Ed. Cortina; 2014.




sabato 29 agosto 2020

Perché punire non serve? scopri i tre motivi principali

Ciao! mi chiamo Antonio Locci e sono un Pedagogista.

Nel concreto mi occupo di fornire indicazioni pratiche a tutti quei genitori desiderosi di migliorare il proprio modo di educare, in questo articolo voglio provare a condividere con te i tre motivi principali per cui le punizioni non hanno effetto sul comportamento di tuo figlio e il perché siano più utili due strategie alternative.

La prima considerazione che mi sento di dirti è piuttosto semplice: con l'avvento di una società dominata da internet ti sarai accorto che si sono diffusi o si stanno diffondendo alcuni comportamenti nuovi, molti in ambito educativo.







 Rispetto al passo alcuni di questi comportamenti stanno sparendo o non sono più accettati dalla società, personalmente, se penso a mio nonno ricordo ancora i racconti sull'educazione severa a cui era sottoposto: il genitore o comunque l'adulto in genere, era considerato un'autorità al di sopra di tutti, sfidarla significava andare incontro a delle conseguenze molto spiacevoli.






Per fortuna, almeno per questo aspetto la situazione è migliorata, c'è molta più attenzione ai diritti dei figli e delle persone in genere, tanto che a volte si rischia di creare anche delle tutele eccessive che portano a delle situazioni paradossali in cui il genitore diventa vittima del figlio.

Tuttavia, sarai consapevole del fatto che ancora una grossa fetta di genitori (e non solo) utilizza la punizione come metodo educativo principale, vediamo di entrare nel dettaglio:


Ma cos'è la punizione? 


Come abbiamo visto qui esistono due approcci differenti all'educazione, quando utilizzi la punizione, stai cercando di usare il tuo potere e la tua forza per modificare un comportamento che non ti piace.

Nello specifico: se tuo figlio rompe una vetrata, il tuo comportamento dovrà agire in modo che abbia un effetto su di lui e che non vengano più rotte altre finestre.

La punizione rappresenta lo strumento con cui "colpisci" l'altro e gli comunichi indirettamente che un comportamento "X" non è accettabile perché ti infastidisce o ti danneggia.


Ma perché allora è così difficile ottenere il comportamento che desideri? 


Perché le punizioni non funzionano?


Energia e forza fisica:

Il primo motivo per cui le punizioni non funzionano è che richiedono parecchia energia e forza per essere applicate, stare dietro ad ogni comportamento negativo di tuo figlio è stancante e a volte frustrante.

Una situazione classica in cui tuo figlio può produrre dei comportamenti problematici è quando rientri da lavoro: Il tuo livello di energia è basso e vorresti solo rilassarti, in contemporanea però lui ha ancora tante energie e ha deciso di giocare a pallone nel salone: risultato? un bel vaso rotto mentre stai preparando la cena con conseguenti urla, pianti, disperazione e....punizione!

La punizione più tradizionale è il: "vai in camera tua!" hai urlato, hai dovuto utilizzare un atteggiamento che richiede tanta energia, sei sfinito.

Se ti va bene il massimo che potrai ottenere sarà la fine di quel comportamento per quella specifica serata, nel peggiore dei casi invece, tuo figlio inizierà a giocare ai videogames invece di presentarsi a cena e nella serata successiva riprenderà a giocare a pallone in salone come se niente fosse successo.







Coerenza: 

Questo aspetto è forse il più paradossale delle punizioni: ipotizziamo che tua figlia abbia l'abitudine di tenere con sé lo smartphone durante i pasti, glielo hai concesso tempo fa ed è una cosa che a te non disturba.

Arriva Natale, siete tutti riuniti intorno ad una tavola imbandita, sta iniziando il pranzo ed improvvisamente lo zio Gianni fa un commento sullo smartphone di tua figlia, pressato dal sentirti un cattivo genitore, con decisione attacchi tua figlia chiedendole di metterlo da parte: risultato? urla, minacce, un super litigio nel giorno di Natale ed un bel "vai in camera tua" per concludere il tutto.

Punire richiede una competenza ed un'attenzione fuori dal comune, essere sempre coerenti nel punire gli stessi comportamenti non è semplice, il contesto definisce quando un comportamento è appropriato o meno, nel caso di tua figlia hai punito un comportamento che in un contesto differente ritenevi giusto.








Conseguenze negative:

L'ultimo aspetto, ma non per importanza, per cui le punizioni non funzionano è rappresentato da tutte le conseguenze negative che le punizioni portano:

L'utilizzo della forza e del potere infatti creano nel tempo delle emozioni e dei sentimenti negativi, il mandare in camera tuo figlio a riflettere non porta a nessuna riflessione, l'unica cosa che otterrai sarà un'ostilità crescente nei tuoi confronti.

 L'utilizzo costante di punizioni possa produrre tre risultati:

  1. Un comportamento passivo (dato dalla paura)
  2. Un comportamento aggressivo (dato dalla rabbia)
  3. Un comportamento evitante (dato da un mix di apatia e sfiducia)

Nel primo caso tuo figlio tenderà ad isolarsi e a non parlare più con nessuno, mostrerà svogliatezza e poca motivazione verso qualunque compito quotidiano.

Nel secondo caso la rabbia porterà ad atteggiamenti che potrebbero arrivare al danneggiamento o all'aggressione fisica.

Nel terzo caso tuo figlio potrebbe passare periodi sempre più lunghi fuori casa, rifugiandosi in compagnie esterne non sempre affidabili.












Cosa fare allora ?

Come abbiamo visto le punizioni non portano al raggiungimento del tuo obiettivo: la fine dei comportamenti più problematici, ma peggio ancora ti portano a stancarti, a non avere una chiarezza in quello che fai e a peggiorare la relazione con tuo figlio.

Due utili alternative all'uso delle punizioni sono le seguenti:



- La sanzione:

In termini educativi concreti, una buona alternativa alla punizione può essere l'utilizzo di una sanzione.
Diversamente dalla punizione che prevede l'uso della forza, la sanzione utilizza un criterio basato sul rispetto di una regola e su una conseguente "multa" da esibire al mancato rispetto della regola.

Esistono tanti tipi di sanzione educativa, la più utile è sicuramente quella che si collega al comportamento di tuo figlio.
In termini semplici se tuo figlio rompe una vetrata, un buon modo per fare in modo che questo non avvenga più può essere diviso in tre azioni:
  • Fatti aiutare nel pulire tutti i vetri
  • Fatti accompagnare dall'artigiano che ti monterà il nuovo vetro magari facendo raccontare a tuo figlio come si è rotto.
  • Far assistere a tuo figlio alla montatura del vetro per tutta la durata del lavoro.
Qual'è la forza della sanzione? il fatto di riflettere sul fatto accaduto contribuendo in maniera diretta alla riparazione del danno e a tutte le fasi che questo comporta.






- Messaggi in prima persona: 

Nella comunicazione tradizionale e "automatica" puoi cadere spesso in abitudini nocive alla creazione di relazioni sane e positive.
In particolare l'uso del pronome "tu" e dei giudizi non permette una comunicazione efficace.
In preda alle emozioni date da determinati comportamenti la cosa più comune che fai è quella di reagire alle azioni che fa tuo figlio senza riflettere sul perché un qualcosa sia avvenuto.

Come cambiare strategia?

  • Prova a rilassarti e a non reagire istintivamente, respira profondamente e prova a contare fino a dieci.
  • Avvicinati a tuo figlio, cura il tono di voce in modo che non risulti il frutto delle tue emozioni
  • Elimina l'uso del "tu" accusatorio e utilizza "l'io"per esprimere cosa provi e perché.

Esempio di messaggio tradizionale:

" sei un cretino! hai rotto tutto! fila in camera tua, sparisci!" (Reazione)



Esempio di messaggio in prima persona:

" Quando si rompono gli oggetti (comportamento) mi spavento e ho paura che ti possa far del male (emozione) e quando sto così rischio di arrabbiarmi con te (effetto)  potresti evitare di giocare col pallone in casa?

Il messaggio in prima persona favorisce un dialogo con tuo figlio garantendo tre vantaggi:

  • Tuo figlio non è colpevolizzato
  • Parli di te e di come vivi la situazione
  • Porti tuo figlio ad essere maggiormente responsabile dei suoi comportamenti.
Ciascun individuo tende a modificare il proprio comportamento se si rende conto che quest'ultimo danneggia la serenità di una persona che reputa importante.







In conclusione, abbiamo detto che le punizioni non servono,  principalmente perché non ti permettono di raggiungere il tuo obiettivo primario: la fine di determinati comportamenti.

Le punizioni richiedono
  •  Tante energie fisiche e mentali
  •  Una coerenza di fondo nel punire sempre gli stessi comportamenti quando si presentano
  • Possono stimolare nel lungo periodo reazioni e comportamenti pericolosi per la salute del rapporto genitori-figli.

La sanzione invece colpisce il comportamento specifico, obbligando tuo figlio a riflettere sull'accaduto vivendo tutte le conseguenze che il suo danno ha prodotto.

Il messaggio in prima persona invece permette di comunicare senza utilizzare giudizi e accuse, tutto quello che ci da fastidio e ci danneggia stimolando una presa di responsabilità da parte del ragazzo.










                                                     Chi sono







Specializzato in campo educativo aiuto tutti quei genitori desiderosi di apprendere nuovi metodi educativi e di facile applicazione.


Se vuoi approfondire la tematica trovi un altro articolo  qui qualora invece tu ne abbia piacere sei libero di contattarmi per una consulenza, lo potrai fare in due modi:

  • Via telefono al 3406139867

  • Via mail a loccipedagogia@gmail.com

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Il 90% dei genitori migliora il rapporto coi propri figli  dopo poche consulenze. 


A presto! 

Antonio 



domenica 16 agosto 2020

Come si costruisce un rapporto educativo? la differenza tra controllo e insegnamento

 Oggi voglio raccontarti una storia che spero possa esserti utile nel rapporto con tuo figlio.

In questa storia sono racchiuse alcune lezioni che ho imparato sull'educare e che mi sono state e mi sono utili nella mia vita personale e professionale.






Prima di intraprendere il percorso da professionista del settore educativo ho dovuto fare esperienza come tirocinante in diverse strutture di accoglienza per minori e adulti.

In queste strutture vivono tutte quelle persone (minori e non) che per motivi di varia natura non possono stare con le proprie famiglie o in un proprio domicilio autonomo.

Nel concreto ho dovuto imparare a relazionarmi con gli ospiti di queste strutture, in questo caso dei minori, cercando di farmi accettare in quanto figura di riferimento.

Non potevo infatti avere la pretesa di guidare ed orientare le scelte di questi bambini solo in quanto adulto, ogni individuo infatti andava convinto rispetto alla bontà e all'utilità delle mie scelte, soprattutto quando le scelte toccavano i bisogni di qualcun'altro diverso da me.




Nel frattempo il tempo passava e gli insegnamenti più preziosi li ho imparati da tutti gli errori che commettevo, molti di questi errori erano frutto di ingenuità e poca esperienza, in particolare mi ero reso conto di come per la maggior parte delle persone "educare" gli altri significasse semplicemente utilizzare tre comportamenti fissi:


  1. Urlare









        2.Minacciare









3.Punire 









Mi sono allora chiesto se utilizzare queste tre modalità significasse realmente educare qualcuno, soprattutto alla luce dei risultati: disastrosi.
L'obiettivo di ottenere delle modifiche rispetto ai comportamenti per me inaccettabili veniva raggiunto poche volte e molto spesso utilizzando la paura.








Naturalmente non ero fiero di me né soddisfatto di cosa stavo imparando.
mi domandavo infatti quale individuo potesse crescere bene in un ambiente così ostile? la paura è un metodo educativo? 
Col tempo ho analizzato meglio queste esperienze e grazie a tanto studio posso condividere con te ciò che ho imparato da queste esperienze.


Controllo o insegnamento?


Esistono due approcci alla relazione educativa, vediamo nel dettaglio cosa sono e in cosa si distinguono l'uno dall'altro:

                                                                    


                                                     IL controllo: 




 Nella logica del controllo tuo figlio ha una libertà limitata, sei in costante ansia per i suoi comportamenti o ancora peggio per i suoi pensieri, sei in costante allerta e perdi energie in lotte estenuanti rispetto al tipo di abbigliamento o di frequentazioni che tuo figlio preferisce.
Probabilmente sei rivolto ad uno psicologo ma tuo figlio si rifiuta di venire con te, non sente di avere alcun problema psicologico, gli unici problemi li ha con te e sei l'unica persona che in tutto questo sta realmente male.
Questo tipo di approccio è improntato sulla severità e sull'utilizzo di punizioni ricorrenti, c'è una convinzione che ti fa ragionare come se da adulto avessi sempre ragione, il rispetto dell'autorità sembra l'unica cosa che conta.

-I vantaggi: Nessuno

-Gli svantaggi: 
  • Richiede tante energie fisiche e mentali
  • Il punire produce solo figli aggressivi e/o passivi
  • Il punire non modifica i comportamenti che ritieni inaccettabili
Ricordi il proverbio: "Quando il gatto non c'è i topi ballano"? ecco, si adatta perfettamente a questo approccio.

                                                             





                                           L'Insegnamento:

             

Rappresenta un approccio differente, più educativo in senso stretto, la persona educata non va punita ma va fatta riflettere su come un suo comportamento possa dare fastidio o fare del male.
Il punto cardine dell'insegnamento è quello di saper comunicare come ci si sente in una particolare situazione senza umiliare l'altro.
Se tuo figlio ha distrutto la vetrata devi esprimere il rammarico per quello che è successo, evitando formule come:

"Sei un cretino! cos'hai combinato, sparisci in camera tua!"

preferendo invece:

"Mi sono spaventato un sacco, ho avuto paura che il vetro ti andasse negli occhi"

"Sono molto dispiaciuto perché ora dovrò pulire tutto..."

" Mi preoccupa quanto mi costerà riparare il vetro.."

Insegnare quindi significa spiegare come determinate azioni possano produrre degli effetti spiacevoli in modo che non vengano ripetute.

Ricordati però di dare spazio alla versione dei fatti di tuo figlio come abbiamo visto qui il cervello di un adolescente e ancora prima di un bambino, lo porta a compiere delle azioni fuori dalla logica tipica degli adulti.

Ci vogliono quindi pazienza e capacità di ascolto.

Ultimo appunto per te: insegnare non significa altro da ciò che condiviso con te, fare la predica non è insegnare, frasi come: "alla tua età non combinavo tutte le cavolate che fai tu.." sono il peggio che tu possa dire.

Ci sono dei momenti in cui la tua esperienza può essere utile a tuo figlio ma non è questa la modalità corretta.


- I vantaggi: 

  • Tuo figlio imparerà a capire che esistono anche i tuoi bisogni
  • Maggior serenità dal punto di vista emotivo
  • Litigi risolti più rapidamente

-Gli Svantaggi: l'insegnamento richiede una grossa preparazione e consapevolezza in termini di ascolto, empatia ecc., uscire dalla logica del controllo rappresenta un obiettivo a lungo termine.


Riassumendo:

Come abbiamo visto all'interno di questo articolo esistono due approcci all'educazione, il primo è basato sull'utilizzo delle punizioni e di metodi basati sul controllo degli individui, questo provoca aggressività o passività in chi lo subisce ed in ogni caso nessun sentimento o emozione positiva.

Questo metodo ti stanca fisicamente e psicologicamente ma soprattutto non ti fa raggiungere il tuo obiettivo: la fine definitiva dei comportamenti che danneggiano o infastidiscono.


Abbiamo poi visto un secondo approccio più etico e positivo, nell'insegnamento si coglie l'occasione in cui vengono prodotti dei comportamenti inaccettabili per portare a riflettere tuo figlio.

Non c'è la logica dell'errore, esistono dei bisogni differenti: i tuoi e quelli di tuoi figlio, e quando quest'ultimo colpisce la tua serenità è giusto che lo sappia e ci rifletta sopra.

Il tutto prodotto in un linguaggio moderato e non giudicante, in questa logica vengono privilegiate le competenze chiave per costruire una relazione sana e positiva (ascolto, empatia ecc.)




                                    




                                                                                       CHI SONO 




                                         

                             

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A presto! 

Antonio 







domenica 2 agosto 2020

Come andare d'accordo con i figli

   




Nel corso della tua vita ti è mai capitato di conoscere delle persone con una particolare bravura nell'andare d'accordo con tutti?
In questo caso non ti parlo di persone che definiresti poco autentiche ma di individui molto abili nel gestire le relazioni personali, tanto abili da saper trattare anche con i soggetti più "difficili".

Facciamo qualche esempio:
Accompagni tuo figlio presso la sua scuola calcio e rimani affascinato da come l'allenatore riesce sempre a tenere sotto controllo il gruppo di bambini che segue.
Parli con tua figlia e ti  racconta di come durante la quasi totalità delle lezioni in classe regni il caos: vengono lanciate palline di carta, si fanno video con lo smartphone ecc. l'unico momento in cui queste cose non succedono è durante le lezioni con il prof. X.. 








Le stesse persone, in questo caso i tuoi figli, finito lo sport o la scuola tornano a casa e cambiano atteggiamento: non ti ascoltano e a volte hanno un atteggiamento offensivo e poco rispettoso dei tuoi bisogni di genitore.








Perché avviene questo?

Probabilmente come il 90% dei genitori o di chiunque abbia un ruolo educativo, pensi basti imporre la propria autorità sui figli, nel concreto sei convinto che basti dire e/o pensare: "Io sono il genitore e tu il figlio"per ottenere i comportamenti che desideri.

I mediatori professionisti c'insegnano che questa non è la giusta modalità e che alcuni atteggiamenti possono essere utilizzati anche in campo educativo ottenendo migliori risultati e minor fatica.
Avere un rapporto positivo con tuo figlio non è scontato ma è un qualcosa che va conquistato nel tempo con strategie mirate.











Vediamo ora tre principi semplici che puoi utilizzare da subito:


Apprezzamento: A tutti piace essere apprezzati, per ciò che pensiamo, diciamo e facciamo, quando questo non avviene ci sentiamo giudicati e non amati.
Soprattutto nell'adolescenza i figli vengono bombardati dai giudizi senza considerare la fragilità della loro identità ancora tutta da costruire.

Se vuoi migliorare il rapporto con tuo figlio, quando è possibile, inizia ad apprezzare un suo comportamento o un suo pensiero, questo lo farà sentire riconosciuto come persona di valore.
 
Esempi: 


1. Apprezzamento sul fare: "Grazie per aver provato a sistemare la camera.."


2. Apprezzamento sul pensiero: "Non sono d'accordo su come la pensi riguardo gli orari di rientro a casa ma capisco il tuo desiderio di tornare più tardi"

Ricordati che l'apprezzamento favorisce in tuo figlio l'espressione di emozioni positive al contrario del giudizio che fa emergere emozioni negative, anche quando un compito o un pensiero comunicati da tuo figlio non sono da te condivisi sforzati di apprezzare, accettare non significa condividere.









          

Trova qualcosa in comune: Un modo per ridurre la distanza tra te e tuo figlio può essere quella di "ripescare" o trovare tutto ciò che avete in comune, magari in passato avevate la passione di andare allo stadio oppure di andare in bici in montagna.
Recupera queste abitudini.

Qualsiasi cosa vi leghi la devi sfruttare per riaccendere e/o mantenere un buon rapporto tra voi, inizialmente tuo figlio potrebbe rifiutare: molti adolescenti si reputano "grandi" per fare qualcosa coi genitori, in quel caso potrai allora agganciarti a qualche sua nuova passione, perché non giocare alla playstation che tanto critichi? il famoso: "conosci il nemico"...













A ciascuno il suo ruolo: Per favorire dei buoni rapporti con le persone, una buona strategia può essere quella di riconoscere le competenze altrui.
Nel tuo caso specifico, l'essere adulto e genitore non ti conferisce una competenza superiore a quella di tuo figlio su qualsiasi argomento.
In un campo potresti essere tu l'esperto (esperienze di vita) mentre in un altro potresti essere incapace (abilità atletiche).

Ecco due sotto-strategie per te:


1. Essere cortese: Non dare per scontato che ogni richiesta va espressa in un linguaggio gentile, questo esprime profondo rispetto per chi ti sta di fronte, parlando inoltre puoi riuscire a capire come una persona gradisce essere trattata, se hai l'abitudine di urlare appena entrato in camera dei tuoi figlio non ci siamo proprio.

2. Chiedi consigli: Starai pensando che sia una follia? pensaci bene, devi andare ad una riunione importante e non sai come vestirti, tua moglie è fuori città, ma tua figlia è in casa.
Chi meglio di lei può darti un consiglio? chiedere consigli favorisce l'autostima di chi riceve la richiesta, in sostanza tua figlia si sentirà importante ed esperta in qualcosa, glielo hai riconosciuto.
A sua volta lei potrà fare lo stesso con te in un campo in cui si ritiene poco esperta o incapace.












In conclusione:

Per poter andare d'accordo con tuo figlio devi uscire dalla logica del genitore-capo ma apprendere delle strategie che favoriscano l'emergere di emozioni e sentimenti positivi.
L'essere autoritari favorisce emozioni solamente negative, l'essere autorevoli permette di "farti amico" tuo figlio.
Cosa otterrai?

  • Dialoghi più frequenti coi tuoi figli
  • Maggior rispetto e considerazione
  • La diminuzione dei comportamenti problematici









                                                             CHI SONO  E DI COSA MI OCCUPO



                                         

                             

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A presto! 

Antonio 


giovedì 23 luglio 2020

Come funziona il cervello adolescente








In una ricerca di qualche anno fa della Pittsburgh School of Medicine è emerso che rispetto a ciò che si pensa, l'adolescenza non finirebbe intorno ai 15 anni ma in un periodo di vita differente. In questo studio si è scoperto come le aree del cervello addette a spingere l'individuo verso le nuove esperienze e il raggiungimento dei propri desideri sono ancora molto attive fino ai 25 anni di età.












Questa ricerca può motivare come tra le problematiche più diffuse tra i genitori ci sia sicuramente quella di comunicare in maniera efficace coi propri figli adolescenti. Ma cosa intendiamo per comunicazione efficace? 

La comunicazione in termini banali è l'emissione di un messaggio specifico da parte di una persona in modo che ne avvenga la ricezione da parte di un'altra, in termini di relazione genitori-figli questo non avviene per tutta una serie d'interferenze, le quali sono date da una serie di fattori: 

 1. Il cervello adolescente: è un cervello che “lavora” in preda alle emozioni per cui non sempre riesce a focalizzarsi sulla parte logica e razionale di un messaggio. Durante l'adolescenza tuo figlio vive situazioni di forte contraddizione, un giorno può pensare di avere tanti amici, il seguente di non averne più, tutta questa altalena di emozioni gli produce molta agitazione, frustrazione ma anche stanchezza e confusione. 











 2. Il cervello adulto: lavora su concetti razionali e rassicuranti, è fonte di saggezza e stabilità, alle emozioni sostituisce il pensiero e il ragionamento. Il tuo cervello adulto è la base sicura che regola dall'esterno i vissuti di tuo figlio, il quale ricerca questa stabilità anche quando non ne è consapevole.












 3. La comunicazione di base genitori-figli: Avendo un cervello fortemente “emotivo”, i tuoi figli reagiscono male a giudizi e alle accuse. Giudicare ed accusare “accendono”delle emozioni che invece andrebbero contenute.

 In sostanza genitore e figlio parlano due lingue diverse, ed è per questo che spesso i tuoi messaggi non vengono recepite, ragion per cui diventa inutile ricercare un senso ai pensieri e alle azioni di tuo figlio.












Quest'ultimo non ha un cervello formato per autoregolare le sue azioni e nella maggior parte delle situazioni agisce su base impulsiva, in genere ha solamente bisogno di sentirsi contenuto e accettato pur nella sua particolarità. 

 In sintesi quindi il cervello di un adolescente si sta ancora formando e non è capace di frenare gli impulsi e quindi alcuni comportamenti che da genitore consideri inaccettabili. 
Dovresti adattarti alla situazione applicando alcune piccole strategie: 

  •  Mettiti nei panni di tuo figlio: Il concetto fondamentale che deve passare nella testa di tuo figlio è che puoi accettare tutto quello che prova ma non tutto quello che fa. Possiamo accettare la sua rabbia ma non che la rabbia gli faccia sfasciare il divano. Accettare le emozioni di un figlio permette a quest'ultimo di percepire un senso di sicurezza e stabilità, gli eventi esterni infatti (un brutto voto, un insulto) possono far provare un forte disorientamento. In tutti questi casi riconoscere queste emozioni pone il genitore come un porto sicuro in un mare in burrasca.








  •  Descrivere e non predicare: In tante situazioni, i tuoi figli sanno già di aver commesso un errore, conoscendo le regole sanno di averle violate. Una lunga predica genitoriale non ha nessuna utilità, nella maggior parte dei casi tuo figlio si sarà “disconnesso” dopo pochi secondi. Una miglior strategia è descrivere la situazione che abbiamo osservato: “Passando per la tua camera ho visto tutti gli indumenti sparsi per terra ..” 
       









  •  Essere democratici: A nessuno piace essere comandato a bacchetta, perché dovrebbe piacere ad un adolescente incapace di gestire le proprie emozioni? Ragion per cui è fondamentale assumere il tuo ruolo di genitore in maniera democratica coinvolgendo i figli nelle scelte riguardanti le regole.



 In un primo momento potresti descrivere la situazione che hai visto (“prima giocando hai rotto il vaso di vetro”) per poi chiedere a tuo figlio di riflettere sull'accaduto (“come pensi mi sia sentito?”) infine proporre a lui di trovare una soluzione “riparativa” (“cosa pensi che potremmo fare?) . 


 Ricordati che la decisione ultima spetterà a noi ma questo nostro atteggiamento farà sentire tuo figlio considerato e degno di rispetto. Questi tre passi possono costituire un buon inizio per modificare relazioni difficili e cominciare a costruire dei rapporti costruttivi e democratici.







I tre vantaggi di queste strategie?


        1. Utilizzi una comunicazione che permette a tuo figlio di essere a suo agio

        
        2. La tua descrizione potrebbe innescare l' inizio di un dialogo. 


        3. Lasci la responsabilità di modificare il suo comportamento a tuo figlio






  CHI SONO, DI COSA MI OCCUPO, COME PUOI CONTATTARMI.


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Antonio 




lunedì 13 luglio 2020

Come risolvere i problemi in famiglia in 6 punti

              








Nella quasi totalità delle situazioni educative che ti trovi ad affrontare ti reputi un genitore efficace ed adeguato, e sono sicuro che sia cosi, tuttavia come esseri umani per natura siamo sempre insoddisfatti: 

In quante occasioni avresti voluto che i tuoi figli si comportassero in maniera diversa? magari a volte hai rimandato all'infinito delle decisioni che una volta prese hanno scatenato lunghe lamentele e discussioni.

Non sapendo come uscire da queste situazioni, è probabile che come il 90% dei genitori che viene in consulenza da me, tu abbia agito impulsivamente attuando modalità comunicative aggressive stancanti e poco efficaci.

In questo articolo voglio condividere con te un metodo semplice per gestire al meglio la risoluzione di qualsiasi problema interno alla tua famiglia ottenendo da subito due vantaggi:


  1. La comunicazione chiara e con modalità pacifiche dei bisogni di genitori e figli

  2. Un minor stress ed una maggiore quantità di tempo da dedicare a ciò che desideri.








Di cosa stiamo parlando? 


Prima di occuparmi di educazione, le uniche esperienze legate a questa tematica le ho potute fare in un unico e solo contesto, quale? La famiglia naturalmente. Nella mia esperienza di figlio, quando sono stato male, la difficoltà maggiore che ho sperimentato è stata quella di trovare le giuste modalità per esprimere il mio malessere.


Per quanto non potessi rimproverare nulla alla mia famiglia, non sempre riuscivo a comunicare ciò che volevo e quando volevo, ovviamente questo mi portava ad attuare dei comportamenti insoliti solamente per cercare di attirare l'attenzione su di me. 






La vera difficoltà delle famiglie odierne è trovare il tempo per parlare e confrontarsi su tutti i problemi quotidiani vissuti da ciascun membro, sia esso un genitore o un figlio. Nel tempo, avendo intrapreso il mio percorso di studi sull'educazione ho conosciuto un metodo che all'epoca avrebbe risolto il mio problema di comunicazione e avrebbe reso i miei genitori più efficaci.








Prima di vedere nel concreto il metodo, t'invito a riflettere sulle modalità di comunicazione interne alla tua famiglia: hai l'abitudine di organizzare dei momenti di riunione familiare?


Se la risposta è si ciò che sto per condividere con te non potrà che migliorare le cose, in caso contrario sarebbe utile iniziare a pensare di organizzare una riunione familiare settimanale.








Il metodo:


Una volta che avrai organizzato la riunione ciascuno potrà a turno esprimere una sua problematica.


N.B. Ricordati che questa non è una gara di giudizi o vendette, la riunione dovrà svolgersi in un clima di ascolto reciproco e serenità.




  1. Identificare il problema: Immaginiamoci che dopo un lungo confronto si riesce a stabilire quale sia il problema da affrontare.

    Come genitore hai espresso il bisogno di riposarti di più e di aver bisogno di una mano nelle faccende domestiche.

    Esempio: come dividere il carico di lavoro?






  1. Brainstorming: In questo secondo passaggio ognuno esprime la sua idea rispetto ad una possibile soluzione, in questa fase è importante essere creativi tirando fuori più idee possibili

    ATTENZIONE: non esistono idee giuste o sbagliate, frena le tue critiche e quelle degli altri.

    Puoi aiutarti con una lavagna o un foglio in cui segnare le possibili soluzioni.

    Esempio: La domenica pomeriggio i piatti verranno fatti dai figli; Ognuno si laverà la sua roba a mano; La cucina sarà pulita a turno; assumiamo una colf ecc.





  1. Valutare le idee emerse: Vengono analizzate tutte le idee emerse eliminando quelle non realizzabili e mettendo in primo piano quelle che presentano più vantaggi.

Esempio: assumere una colf ci aiuterebbe ma non abbiamo i fondi per pagarla.





  1. Scelta della soluzione: Una volta messe in primo piano le idee che sono migliori per tutti si deve cercare di mettere d'accordo tutti su una sola idea, se possibile, sull'idea che presenta più vantaggi per tutti.

    Esempio: potremmo fare alcune pulizie il sabato pomeriggio prima di uscire coi nostri amici





  1. Applicazione della scelta: Una volta che c'è un accordo tra tutti i membri o quantomeno non c'è un opposizione di nessuno verso una certa scelta, si ufficializza l'accordo, potrebbe essere utile far firmare a tutti i presenti un foglio dove viene stabilito cosa si farà d'ora in poi rispetto al problema iniziale.

    Esempio: “Siamo tutti d'accordo..allora da sabato prossimo vi dividerete le mansioni secondo un calendario settimanale, mentre la domenica le continueremo a fare mamma ed io...”





  1. Verifica della soluzione: Non tutte le soluzioni che sembrano buone all'inizio poi funzionano, cosa fare? Ad ogni nuovo problema viene organizzata una nuova riunione in cui si riparte dal punto 1, questo processo deve andare avanti fino alla soluzione definitiva del problema.












In conclusione, il metodo va applicato con costanza: prova a costruire un tempo ed uno spazio precisi in cui confrontarsi, un buon inizio potrebbe anche essere quello di iniziare ad utilizzare il problem solving con tua moglie e poi con uno dei tuoi figli.
Gradualmente arriverai a creare una riunione in cui partecipino tutti i membri della famiglia migliorando le tue capacità di mediazione e risoluzione dei problemi.

Immagino già la tua possibile obiezione: "Si...ma questo..si crede che abbiamo tempo da perdere con riunioni, devo fare questo ecc." la mia risposta è una sola, quanto tempo preferisci perdere in litigi estenuanti senza affrontare la questione concretamente? insomma meglio perdere 1 ora alla settimana che 6 ore alla settimana a rincorrere tuo figlio che non vuole alzarsi per andare a scuola.

Se sarai costante, nel tempo tuo figlio si sentirà più responsabile delle sue azioni e delle sue scelte, in una parola: diventerà più autonomo e tu dovrai solo goderti il tempo guadagnato dall'utilizzare una strategia educativa mirata, specifica e non improvvisata.










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Specializzato in campo educativo aiuto tutti quei genitori desiderosi di apprendere nuovi metodi educativi e di facile applicazione.

Se vuoi approfondire la tematica trovi un altro articolo qui, qualora invece tu ne abbia piacere sei libero di contattarmi per una consulenza, lo potrai fare in due modi:

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La prima telefonata non prevede nessun investimento economico e sarà utile per capire se la mia professionalità potrà fare al caso tuo.


A presto! 

Antonio 











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